Gli MMORPG ai tempi delle citazioni di Márquez

Sarebbe inesatto credere che in questo periodo di forzata clausura proto-apocalittica, le abitudini e le quotidinità dei giocatori di MMORPG, così propensi all'autoreclusione, non abbiano avvertito alcun cambiamento. In effetti, direi anche basta con questi pregiudizi e luoghi comuni: non è difficile avanzare buone critiche sulle problematiche sociali e psicologiche legate a certe tendenze del gaming online, senza alcun bisogno di indugiare in stigmi infondati e categorizzazioni umane arbitrarie. Anche perché tanto qui siamo tutti nerd, vale a dire che siamo tutti il fondo del barile della società, insieme ai furry e ai fan di Sonic. Tocca farci i conti.

Il trionfo del capitalismo è che gli schiavi esultino dei ceppi
e difendano la propria condizione di servitù.

Sta di fatto che anche il più accanito e disoccupato degli MMORPGers (?) avrà notato che qualcosa non quadra, che il mondo esterno potrebbe avere qualche problema. Per me è stato un buff in World of Warcraft.
Ero lì che prendevo pillole di vitamina D mandandole giù, tra un dungeon e l'altro, con bibite gassate e misoginia, quando ho notato un nuovo quadratino comparire sul monitor, in alto a sinistra. Il tooltip diceva "winds of wisdom", che nel gergo dei videoluders è un modo sofisticato per dire "lo sviluppatore ha disposto che per un lasso di tempo imprecisato questa logorante attività paralavorativa che chiamate videogioco sarà un po' meno asfissiante del solito, in virtù di un significativo incremento all'esperienza percepita nello svolgimento delle proprie mansioni".
Una inattesa clemenza, da parte dei grandi feudatari di Activision-Blizzard, ma a buff donato non si fanno domande.

Dice "ciao".

Un dopaminico squillo di trombe mi annuncia che il dungeon è pronto, e io ci butto dentro la piccola Clixie, prontissimo ad erogare la mia prestazione curativa in cambio di una doccia di punti esperienza. In squadra con me c'è un tipo losco, un certo Coronalock. Lì per lì non ci faccio caso, ogni tanto i giocatori hanno il cattivo gusto di includere il nome della classe in quello del personaggio. Senonché Coronalock, nel bel mezzo dell'istanza, si piega sulle ginocchia e attacca ad esibire dei violenti spasmi laringei, che nel gergo degli homini ludenti vuol dire tosse. Non so cosa fare. Flash heal non funziona, tento invano di castare purify, e neanche con desperate prayer il povero warlock mostra segni di miglioramento. Posso ripristinare hp, posso rimuovere effetti negativi, ma contro lo spamming di "/e lets out a hacking cough" in chat, mi sentivo del tutto impotente. Ma ecco che ad un tratto Coronalock ritrova la compostezza, è ritto di fronte a me e una nuova determinazione gli arde feroce negli occhi, la mandibola orgogliosamente serrata nel tentativo di trattenere il suo nuovo potere.
"Get em boy", è l'incoraggiamento del party leader. Nel gergo anglicano vuol dire "corcali regazzì".
Una molla dev'essere scattata allora nell'animo di Coronalock, anche perché giuro di aver sentito un distinto boing proveniente dalle immediate propinquità delle sue elastiche ginocchine. Sta di fatto che con un balzo terrificante si è lanciato contro i pipistrelli che presidiavano l'oscura caverna, e ha preso a tossire loro addosso.

I cave bat non ne hanno risentito granché.

È stato allora che ho capito. Era chiaro che nel mondo esterno doveva essere scoppiata una pandemia globale, a causa del ceppo virale identificato dall'acronimo inglese SARS-CoV-2, e che quella aveva costretti i normie di tutto il mondo all'impietosa tristezza delle loro meste magioni. Come avevo fatto a non arrivarci subito?

Da quel momento è stato molto più facile riconoscere i segni di questo nuovo flagello sulle società virtuali che frequento. Tutti i nuovi personaggi con "corona" nel nome avevano finalmente senso,  tutte le prese in giro, ma anche le numerosissime espressioni di vicinanza e preoccupazione ogni volta che dicevo di essere italiano.

E poi il capolavoro, la meraviglia, l'opera mastra.

Velia è un piccolo villaggio di mare, un borgo sonnacchioso sparpagliato tra le onde assolate e le ridenti fattorie di Black Desert Online. Stavo sgambettando felice per quegli idilliaci viottoli salernitani, quando alzando lo sguardo lo vedo: uno stendardo, un gioioso gonfalone, solo talvolta insuperbito da un refolo salmastro che ne increspava le nobili stoffe. Un simbolo di autorità, di prestigio. Il vessillo ivi piantato dai prodi avventurieri che detengono il controllo di quell'acro di terra, tra i bianchi casolari e il garrire dei gabbiani, nonché uno dei momenti più anticlimatici che mi sia capitato di vivere in un videogioco.

La regione di Heidel è ufficialmente una contea.

Tutto questo per dire cosa? Assolutamente nulla, mi sono solo svegliato con un rigurgitino di sarcasmo nella strozza, e con la voglia di dare un senso al dizionario dei sinonimi.

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